Spesso mi son trovata a sentire un po’ di irritazione di fronte allo sbandieramento di iniziative a sostegno della lotta alla violenza di genere e domestica, promosse solo per il 25 di novembre. E’ un pensiero un po’ banale, ma forse condiviso dalle tante donne e uomini che ogni giorno, nel loro lavoro, hanno a che fare con questo fenomeno. Un fenomeno che comporta danni per tutta la nostra società.
I dati sono impressionanti e i numeri non danno mai l’idea dei volti che stanno dietro a quei reati, a tutto il dolore e le sofferenze che provocano nelle persone coinvolte. Così anche se freddi, voglio fornire qui alcuni dati: in Italia, relativamente al periodo 1° gennaio – 7 novembre 2021 sono stati registrati 247 omicidi, con 103 vittime donne di cui 87 uccise in ambito familiare/affettivo. Di queste 87, 60 hanno trovato la morte per mano del partner/ex partner (dati forniti dal Dipartimento della pubblica sicurezza – Direzione centrale della Polizia criminale – Servizio Analisi Criminale).
I dati fanno riferimento agli omicidi o così detti “femminicidi”, ma il problema reale e quotidiano che cerco di combattere ogni giorno nel mio lavoro, svolto anche in Consultorio, è molto più delicato e sottotraccia. Perché il fenomeno del femminicidio è solo la punta di un iceberg molto più complesso ed ampio. E fa riferimento alla violenza domestica intesa come complessi comportamenti riconducibili a violenza fisica, psicologica, economica e sessuale. Più in generale, infatti, la violenza nelle relazioni intime è caratterizzata da un insieme di comportamenti e atteggiamenti che includono:
– violenze fisiche come per esempio: sputare addosso, dare schiaffi, calci, pugni, colpire con oggetti, tentare di strangolare, di soffocare, procurare d esempio, bruciature con sigarette, con acido, con benzina, strattonare, spingere, storcere un arto;
– violenze psicologiche come per esempio: minacciare, isolare, denigrare, svalorizzare, controllare, pedinare, spiare;
– violenze verbali come minacciare, insultare;
– violenze sessuali come per esempio costringere a subire rapporti sessuali con la minaccia o la forza, con il ricatto psicologico o della violenza fisica, costringere ad avere tipi di rapporti non voluti, costringere ad avere rapporti sessuali con terzi, a prostituirsi, e farsi vedere nuda da altri;
– la persecuzione come per esempio: seguire, pedinare, mandare messaggi indesiderati, telefonare, inviare doni non graditi.
La violenza all’interno di una coppia non inizia subito nelle sue forme più gravi e lesive per la vittima, ma spesso prima della violenza vera e propria sono presenti segnali d’allarme, indicatori che possono presagire anche violenze più gravi; si tratta di modalità verbali, fisiche e psicologiche volte a intimidire la vittima e renderla più debole, più vulnerabile, maggiormente manipolabile e aggredibile.
È su questo fronte che possiamo operare tutti insieme e ciascuno nel proprio ruolo quotidiano. Perché la violenza è frutto di atteggiamenti -imparati o vissuti- e di educazione alla disparità di genere, riconducibili alla considerazione che ciascuno ha della donna. Un problema, dunque, molto più complesso e frastagliato che alla fine si può ricondurre all’educazione al rispetto dell’essere uomo o donna o qualsiasi genere ci sentiamo addosso. E qui noi possiamo iniziare da subito, senza aspettare il 25 novembre, a cambiare le cose. Possiamo iniziare a considerare le donne in modo diverso, non come superiori o inferiore, non come meglio o peggio degli uomini ma semplicemente come altro, diverse. Ma di quella diversità che arricchisce.
Da qui voglio partire nel riconfermare ogni giorno il mio impegno e quello del Consultorio La Famiglia di Como, presso cui lavoro, nel contrastare la violenza in ogni sua forma declinata e aiutare a vedere ed esaltare la diversità come valore.
Allora proviamoci, senza attendere il 25 novembre.
AVV. ALESSANDRA MAGISTRELLI